Oggi incontriamo Costanza Marzotto, psicologa e mediatrice familiare in Fondazione don Silvano Caccia (consultori di Erba, Cantù, Lecco e Merate). Costanza Marzotto è fondatrice e vice presidente della Simef (Società Italiana dei Mediatori Familiari). E' stata docente di Teorie e tecniche della mediazione familiare e di Psicologia sociale della famiglia all'Università Cattolica di Milano, presso cui insegna ancora oggi al Master. Con lei cerchiamo di capire in che cosa consiste la mediazione familiare, in consultorio.
“La mediazione familiare fino alla riforma Cartabia (2023) era solo una competenza aggiuntiva di un professionista altro, come lo psicologo, l’assistente sociale, l’avvocato…” spiega Marzotto. “Ora la professione del mediatore familiare è a tutto tondo”.
In che senso?
Oggi il mediatore familiare deve fare un percorso di formazione biennale di 240 ore, oltre a 80 ore di stage pratico, iscriversi a un albo professionale, riconosciuto dal Ministero. Deve garantire un aggiornamento professionale annuale e una supervisione della sua pratica.
Insomma, una professione a tutti gli effetti…
Certo! Abbiamo da sempre sostenuto la peculiarità di questa professione. Per essere mediatore familiare non serve solo una formazione di base molto accurata, ma anche competenze relazionali, giuridiche, psicologiche.
Perché giuridiche?
Perché è necessario conoscere e quindi comunicare i diritti e i doveri della coppia e dei figli. La mediazione familiare globale prevede che la negoziazione della coppia riguardi sia il tempo e la collaborazione come cogenitori sia le spese per il mantenimento dei figli, ma anche la gestione del patrimonio comune che la coppia aveva prima della separazione.
Qual è quindi la peculiarità del mediatore famigliare in consultorio?
Il percorso di mediazione familiare può essere sostenuto da coppie sposate o conviventi, in varie fasi del percorso separativo, che abbiano bisogno di un terzo, imparziale, equidistante (ed equivicino). La mediazione ha una durata non rigida, ma predefinita, ossia incontri di un’ora, ogni quindici giorni, L’oggetto della negoziazione della coppia può essere ogni volta ridefinito con i singoli clienti.
Che tipo di bisogni portano le coppie?
Alcuni arrivano con i legali e hanno bisogno di dialogare sul piano genitoriale. Altri si vogliono concentrare su un progetto educativo condiviso. Alcune coppie vengono in mediazione, anche in fase preliminare all’udienza.
Perché?
Perché quasi sempre le tempistiche riguardo alla scelta di separarsi sono diverse. Uno dei due nella coppia ha già preso la decisione, l’altro no.
Quindi la scelta va esplorata e definita dalla coppia congiuntamente?
Esattamente: da un singolo pensiero deve diventare una decisione di coppia.
La mediazione familiare è diversa dalla coordinazione genitoriale?
Assolutamente sì. La coordinazione genitoriale non ha un elenco di professionisti, cui è necessario iscriversi. Il coordinatore genitoriale è una figura arrivata di recente dagli Stati Uniti, che accoglie le coppie inviate su prescrizione del giudice. Quindi c’è già una sentenza, ma la coppia non realizza quanto prescritto dal giudice, che quindi può prevedere l’intervento del coordinatore genitoriale.
Il coordinatore è un facilitatore delle prescrizioni del giudice?
Sì, possiamo dire così. Non deve avere una peculiare formazione, salvo dei corsi qualificati. Ma la grande differenza rispetto alla mediazione familiare è la non confidenzialità.
Cioè?
Il mediatore interviene prima e dopo le udienze e ha come vincolo etico di non riferire a nessuno, né agli avvocati né ai magistrati. Il coordinatore è a disposizione del magistrato che invia la coppia. Inoltre, la mediazione è convenzionata e gratuita, in consultorio. La coordinazione genitoriale è a pagamento, a carico della coppia.
Ci sono alcuni casi in cui non è proponibile la mediazione familiare?
In caso di maltrattamenti o alta conflittualità nella coppia. Laddove c’è uno squilibrio di potere, non è possibile cominciare la mediazione familiare, per la quale è necessario equilibrio tra le parti, circa le risorse disponibili.
Come funziona in consultorio la mediazione familiare?
In consultorio arrivano le domande degli utenti, che vengono analizzate in equipe una volta alla settimana. Io accolgo le coppie a cui spiego la mediazione e le sue caratteristiche. Invito la coppia a pensare si temi che desiderano affrontare. Quando il percorso comincia, si svolgono alcuni incontri preliminari per determinare l’oggetto su cui la coppia vuole prendere accordi.
Ad esempio?
La vendita della casa, il cambio di residenza, il calendario dei figli, la continuità dei legami tra generazioni, le questioni patrimoniali.
L’attuale riforma del diritto di famiglia valorizza la cogenitorialità, dopo il divorzio…
Sì, sono rari ormai gli affidi esclusivi alla mamma. C’è bisogno del papà. Ognuno deve dare il proprio contributo educativo ed economico. È necessaria anche la trasmissione della cultura delle famiglie d’origine. In mediazione arrivano persone che vengono anche da Paesi e nazioni diverse…
E alla fine della mediazione?
Si redige un accordo.
Sono sempre di più le coppie che si separano. Sono tante anche le coppie che arrivano in consultorio con la richiesta di mediazione?
Dal punto di vista dell’aumento delle coppie separate o divorziate non ci sono dubbi. Sento meno afflusso di casi in consultorio con la richiesta di una mediazione.
Perché?
Per due ragioni. La prima è che la conflittualità è sempre più alta. Le coppie arrivano in tribunale e il magistrato preferisce inviare al coordinatore genitoriale. Il secondo aspetto è che la mediazione familiare è una professione molto poco conosciuta.
Può essere che si confonda la mediazione familiare come l’occasione per riconciliarsi?
Certo, questo fraintendimento è diffuso. Ma non è così. La mediazione non serve per riconciliarsi ed evitare la decisione di separarsi. Ma è l’opportunità di separarsi bene, tenendo conto dei bisogni della donna, dell’uomo e di tutti i figli. La mediazione che facciamo in consultorio prevede anche un ragionamento intergenerazionale. C’è molta cura delle relazioni con i nonni.
La mediazione può servire anche in altri casi, oltre alla separazione?
Sì, ad esempio nel caso di un genitore anziano da gestire e curare, la mediazione familiare può essere utile per i figli in conflitto. Si tratta di percorsi negoziali tra i caregiver del malato da assistere, che mettono in salvo il benessere dell’anziano e la collaborazione tra parenti.