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Carla ConsonniCarla Consonni è coordinatrice delle attività PES (Prevenzione ed Educazione alla Salute) presso il consultorio di Erba (CO), che fa parte della Fondazione don Silvano Caccia.

“Dopo il mio pensionamento da insegnante, nel 2021, ho ricevuto la proposta – da parte della direttrice della Fondazione, Claudia Alberico, di ricoprire questo ruolo in consultorio”.

In realtà però lei conosce il consultorio da molto tempo…

Sì. Pur non avendo mai avuto un ruolo attivo, ho seguito la nascita del consultorio, da quando il decano di allora, don Giovanni Re, scelse i locali dove si sarebbe sviluppato il consultorio. Da lontano ho sempre sostenuto questa realtà, perché partecipavo e partecipo attivamente alla vita del decanato.

Che tipo di formazione ha?

Una formazione pedagogica. Ho lavorato nelle scuole superiori del territorio erbese come insegnante di religione e vicepreside.

La sua professione di insegnante l’ha agevolata molto nel ruolo di coordinatrice PES…

Certo, conosco molto bene il mondo della scuola in questo territorio, anche perché ho sempre abitato qui e sono sempre stata impegnata a livello ecclesiale. Ma questa richiesta di Claudia è coincisa anche con un mio bisogno…

In che senso?

Volevo spendermi ancora in qualcosa che tenesse conto della mia esperienza passata. E questo ruolo mi è sembrato l’abito giusto per me.

Concretamente, che cosa fa un coordinatore di equipe?

Nel mio caso, coordino un gruppo di 13 persone, operatori e operatrici che direttamente entrano nelle aule scolastiche. Il gruppo è esteso, perché comprende diverse professionalità. Io in particolare mi occupo della cura delle relazioni interpersonali e provvedo a “creare” coppie di operatori che funzionino tra loro e rispetto all’utenza. Raccolgo le criticità; incoraggio, sostengo, consiglio.

Le attività PES si svolgono nelle scuole?

Sì, prevalentemente nelle scuole. Ci relazioniamo con la dirigenza o con i referenti specifici di queste attività in ogni scuola. Sono molto contenta del fatto che ormai entriamo in tutte le scuole superiori del territorio erbese con il progetto sull’educazione alla sessualità.

Chi va nelle scuole?

Noi tendiamo a inviare la doppia professionalità, ossia un/una professionista di ambito sanitario (l’ostetrica o l’infermiera) e un/una professionista di ambito psico sociale (psicologa, psicoterapeuta, pedagogista).

Perché?

Per molte ragioni. Innanzitutto è un’esigenza che manifestano gli operatori: il professionista che non interviene direttamente durante l'incontro può essere un buon osservatore. Normalmente svolgiamo tre incontri da due ore ciascuno. Per qualificare l’intervento e ottimizzarlo, è necessario diversificare con due competenze tecniche distinte.

In quali scuole entrate?

In tutte, dalla primaria alla secondaria di secondo grado.

Quali corsi svolgete?

Principalmente i corsi sull’affettività e la sessualità. Ma anche incontri sulla relazione di gruppo, soprattutto nel periodo post pandemico, quando i ragazzi e le ragazze si trovavano in classe con compagni che non avevano mai incontrato fisicamente. Abbiamo deciso di continuare a proporre questo progetto, in particolare per i primi mesi del primo quadrimestre delle classi di prima superiore.

Lavorate anche con gli insegnanti?

Sì, li accompagniamo, facendo supervisione con loro, in modalità laboratoriale. E offriamo uno sportello psicologico, su richiesta della scuola.

Torniamo alla vostra equipe PES. Ogni quanto avete esigenza di riunirvi?

Quattro volte all’anno: preparazione, primo step, secondo step e verifica.

Che tipo di formazione svolgete?

Gli operatori e le operatrici PES generalmente hanno l’esigenza di confrontarsi su metodo e contenuti, per cui organizziamo un momento specifico con questo obiettivo. Ci affidiamo poi a Emanuele Fusi, operatore della Fondazione e responsabile della formazione, per un momento di formazione a fine anno scolastico.

Quali sono i contenuti su cui è incentrato il confronto e la supervisione tra gli operatori? E quali sono quelli più richiesti?

L’attività di formazione proposta dalla Fondazione don Caccia e aperta a tutti gli operatori, non solo PES, ha affrontato in questi anni il tema dell’identità di genere, della violenza relazionale e della conduzione di gruppi, attraverso la presentazione delle diverse metodologie. La scelta delle tematiche è il risultato di un confronto all’interno tra operatori e operatrici e emerge da un’evidenza sociale della loro importanza. Il programma prevedeva due-tre incontri con docenti dell’Università Cattolica, in modalità non solo frontale, ma anche dialogica. E ha favorito una partecipazione attiva e interessata. Nel 2022 abbiamo svolto una formazione con Chiara Giaccardi, Camillo Regalia e don Aristide Fumagalli sull’identità di genere. Nel 2024 abbiamo svolto un lavoro sulla contraccezione con don Aristide Fumagalli e nel 2025 è stata affrontata la tematica della violenza relazionale e di genere con formatori del centro antiviolenza di Como.

Qual è la differenza tra l'approccio Life skill e gli interventi più “tradizionali” che offrite?

Regione Lombardia, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale, ha adottato fin dal 2010 LifeSkills Training (LST), quale programma preventivo regionale, successivamente rivisto per rispondere alle nuove esigenze. Il programma ha una finalità preventiva rispetto a una serie di comportamenti a rischio. Persegue questo obiettivo attraverso il rafforzamento di abilità personali, sociali e di resistenza alle pressioni sociali. Contenuti, strumenti e metodi sono presentati direttamente dagli insegnanti. I consultori, attraverso i loro operatori, sono invitati ad aderire alla formazione proposta per poter svolgere l’attività di formazione verso gli insegnanti. Lo svolgimento del programma viene poi monitorato nel corso dell’anno attraverso due/tre incontri di supervisione.

Nella Fondazione don Caccia ci sono altri referenti PES con altrettante equipe?

La Fondazione è composta da quattro consultori e ognuno di loro ha un’equipe PES con un referente.

Quali sono i vostri punti di miglioramento?

Certamente implementare il momento di restituzione del lavoro fatto in classe con gli insegnanti e i genitori. Vorremmo anche anticipare l’educazione relazionale e affettiva raggiungendo i bambini più piccoli.

 

 

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