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Orietta Foresti, ostetrica presso il consultorio diocesano di Brescia, ha intrapreso gli studi di ostetricia quando era già mamma. “Le mie figlie erano piccole, ma ho capito che volevo proprio fare questo lavoro”.

In consultorio?

No, ho lavorato per 16 anni in ospedale, in Fondazione Poliambulanza a Brescia, un centro di terzo livello dove si assistono anche gravidanze e parti ad alto rischio. Negli ultimi anni ho deciso di cambiare attività, ma prima di allora non avevo mai pensato al consultorio: da studente ero più affascinata dall’assistenza al parto e dalla gestione delle emergenze, mentre in consultorio ho riscoperto il piacere di affiancare le donne già dalle prime

settimane di gravidanza e di accompagnarle fino almeno al primo anno di età del loro bambino.

È proprio uno degli aspetti più interessanti dell’attività di ostetrica in consultorio. Ne hai trovati altri?

La possibilità di assistere tutte le donne, non solo in gravidanza e non solo per un disturbo specifico contingente. Sostengo molto il concetto di prevenzione, che poi affrontiamo anche nelle scuole, con i percorsi relativi all’affettività nella primaria e alla sessualità nella secondaria.

In realtà, poi, la tua attività principale presso il consultorio diocesano di Brescia è l’accoglienza delle donne in gravidanza, giusto?

Sì, secondo il modello organizzativo e di assistenza ostetrico, l’ostetrica prende in carico in completa responsabilità e autonomia le gravidanze con decorso fisiologico, valutando a ogni incontro la salute di mamma e feto e consigliando non solo esami ematici ed ecografie, ma parlando di sani stili di vita e occupandosi del suo benessere non solo dal punto di vita fisico e biologico.

Se interviene la patologia…?

In questo caso collaboro con il medico ginecologo consultoriale, individuando le cure e le prestazioni addizionali, anche in collaborazione con ambulatori specialistici ospedalieri o con altri medici specialisti nella patologia rilevata.

Puoi accompagnare le donne in sala parto?

No, ma spesso mi contattano quando sono ancora in ospedale o poco dopo la dimissione, in modo da organizzare una visita domiciliare o un incontro in consultorio. 

Io le invito sempre ad aderire al servizio di dimissione protetta quando viene loro proposto durante il ricovero ospedaliero. Coloro che aderiscono vengono contattate dal consultorio di competenza, per un incontro a domicilio o in sede, a seconda delle esigenze. In questo modo possiamo contattare anche donne che non conoscono il consultorio e offrire loro i nostri servizi e la nostra assistenza.

Ci sono dei corsi in consultorio di corredo alla gravidanza?

Sì, teniamo dei corsi di accompagnamento alla nascita, ma anche percorsi di accompagnamento alla crescita nel primo anno di vita del neonato. Organizziamo settimanalmente lo spazio allattamento o lo spazio pesata, incontri individuali o di gruppo per le neomamme, corsi di massaggio infantile, incontri sullo svezzamento, appuntamenti di lettura. Collaboro con altri professionisti: psicoterapeuta, assistente sanitaria, assistente sociale, pedagogista. Ognuno porta le proprie competenze al servizio delle mamme e dei bambini.

In consultorio la multidisciplinarietà può andare incontro alle neomamme per aiutarle nel post parto?

Assolutamente sì, alle donne vengono sempre illustrati i servizi consultoriali e, in caso di necessità e se lo desiderano, vengo indirizzate ad altri professionisti del consultorio.

Viene accettato volentieri?

È molto soggettivo. Chiedere e accettare aiuto non è semplice. Una difficoltà potrebbe essere quella di mostrarsi fragili o di sentirsi giudicate nel proprio ruolo di madre. Il nostro approccio è non giudicante, sappiamo che la nascita porta con sé molte fatiche. L’obiettivo è superarle assieme.

Oltre all’attività consultoriale, però, dicevi che ti occupi anche di formazione nelle scuole…

Sì, sono i famosi percorsi PES (Prevenzione ed Educazione alla Salute). Credo sia fondamentale parlare con bambini/e e ragazzi/e di affettività e sessualità.

Su quali temi in particolare?

Parliamo di anatomia, di malattie sessualmente trasmissibili, di prevenzione. Questi percorsi sono l’occasione per chiarirsi le idee, per poter fare domande a professionisti formati, quindi a evitare di cercare online, dove spesso le informazioni non sono veritiere e ci si trova soli ad affrontare argomenti complicati o che spaventano.

A livello anatomico, gli adolescenti sono preparati?

Sì, in generale. Ma sull’apparato genitale e sessuale si conosce poco e questo vale anche per gli adulti. E c’è ancora molta vergogna nel parlarne. Infatti non hai mai notato come si usino nomignoli per riferirsi ai genitali?

Dovremmo invece parlarne serenamente e utilizzare nomi appropriati, dando la corretta rilevanza a questi argomenti, anche perché i ragazzi e le ragazze alle scuole secondarie di secondo livello hanno una vita sessuale attiva. Occorre avvicinarli prima, già nelle secondarie di primo livello. Altrimenti non sono più interventi di prevenzione.

Questi percorsi possono essere un’occasione utile anche per i genitori degli adolescenti, no?

Decisamente sì. Io spero sempre di suscitare domande e voglia di confronto anche nei genitori, non solo sui percorsi dedicati ai loro figli, ma anche su temi che riguardano la loro sfera sessuale e gli organi genitali: la vita di coppia, il dolore durante i rapporti sessuali, l’incontinenza, la prevenzione, sono solo alcuni esempi.

Insomma, ogni età ha le sue difficoltà, ma si possono affrontare, soprattutto affidandosi a un professionista. Secondo te, che caratteristiche devono avere gli operatori e le operatrici in consultorio?

Un binomio vincente nella vita e che funziona in tutti gli ambiti di salute: competenza ed empatia.

 

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